Cambell soup, titolo di una delle opere d’arte più grandiose della storia.

 

 

 

Andy Warol il nome del genio artistico del secolo scorso, portavoce di una corrente di pensiero compresa e condivisa da pochi. Di origine slovacca e trasferitosi poi negli USA comincia a realizzare i suoi dipinti rifacendosi a fumetti e immagini pubblicitarie ( bottiglie di Coca-Cola, zuppa Campbell, Marylin Monroe, Superman etc.) concentrando la propria attenzione su “icone simbolo” vere e proprie con uno stile neutro e, definito da molti, banale per via della sua pop-art. Nelle sue opere troviamo il puro intento di registrare le immagini più note e simboliche, accantonando il gusto estetico, le parabole e i grandi simbolismi ipocriti. In questi quadri vi è l’intenzione di documentare qual è divenuto l’universo visivo in cui si muove quella che noi definiamo “società di massa”. Mai trovata una continuità più lineare col passato. Ormai è questo in cui viviamo, in un luogo comune, la società dell’IMMAGINE, dell’APPARENZA.

In fondo è possibile che tutti noi rifuggiamo schifati dai luoghi comuni ma poi, in segreto o in maniera del tutto dichiarata, cerchiamo di fare proprio della nostra vita un luogo comune. Di farcela assomigliare, in modo tale da poterla rendere facile alla comprensione di chi la guarda, la ascolta, la spia. Offrire la propria vita come qualcosa che ha seguito uno schema che tutti conoscono è più facile e più sicuro. Mette al riparo da diversi problemi, da eventuali giudizi, da eventuali esperienze di alienazione reciproca. Il problema siamo noi, la nostra insulsa autoconvinzione di essere il centro di tutto e di tutti, il vero problema è che non vogliamo, attirerebbe a sè troppi pesi; e chi vuole assumersi le proprie responsabilità quando si puà puntare il dito ed essere felici? Nessuno, infatti. Abbiamo bisogno della massa per sopravvivere, e abbiamo bisogno di noi stessi per rendere la sopravvivenza meno deleterea.

Ordunque, Campbell soup per tutti!

Di Eveline

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