“A Monaco, ebbi la gioia di uno spettacolo inatteso che mi si rivelò nel mio atelier. Si avvicinava l’ora del crepuscolo, e io rientravo con la mia scatola di colori dopo uno studio, ancora tutto immerso nel mio sogno, perduto nel ricordo del lavoro compiuto, quando scorsi all’improvviso alla parete un quadro di straordinaria bellezza, che brillava di un raggio interiore. Restai interdetto, poi mi accostai a questo quadro rebus: era un mio quadro appeso erroneamente su un lato. Il giorno dopo alla luce del giorno, cercai di ritrovare l’impressione della sera prima ma vi riuscii solo per metà. Anche su un lato ritrovavo sempre l’ “Oggetto”… Seppi allora che gli “Oggetti” nascevano dalla mia pittura”.

È stato Kandinskij stesso a rivelare la nascita dell’arte astratta.

L’acquarello si presenta intenzionalmente come uno schizzo informe ricollegabile ad uno scarabocchio infantile. La fase dello scarabocchio l’abbiamo passata tutti quando eravamo dei bimbi, ed è definita la fase dell’ “estetica”, corrisponde infatti al primo rapporto del bambino con la realtà. Nonostante Kandinskij abbia già passato appieno questa fase, in questo acquarello si è proposto di sperimentare il primo contatto dell’essere umano col mondo, con una realtà di cui non sa nulla. Ma passiamo all’aspetto prettamente figurativo: l’immagine è caratterizzata da diverse macchie colorate, alcune grosse velature espanse e trasparenti, situate in particolare nella parte alta del foglio, sembrano introdurre nella superficie bianca della carta un senso di profondità fluttuante e vagamente stratificata; altre più piccole, come al centro e a sinistra, appaiono più ristrette e di colore più intenso. Come si vede benissimo nelle macchie più scure predominano il rosso e il blu, il primo una tinta calda che tende ad espandersi, il secondo una tinta fredda che tende a contrarsi; diciamo che qui la legge dei contrasti simultanei viene accantonata per dar spazio, piuttosto, a sensazioni empiriche. Oltre a ciò ci sono pennellate di varia forma, lineari e a tocchi brevi, e segni filiformi a china e matita. Questi segni in certi casi appaiono come indicatori di possibili movimenti e tracciati, che suggeriscono la direzione e il ritmo delle macchie vaganti sulla carta, mettendo in moto tutto lo scarabocchio; in altri casi si limitano a contornare la macchia, come a definire un confine alla loro espansione.

E se noi fossimo quelle macchie?

“Lotta di toni, perdita di equilibrio, caduta dei principi, inattesi colpi di tamburo, grandi interrogativi, tensioni apparentemente senza scopo, impeti e nostalgie apparentemente laceranti, catene e legami spezzati, contrasti e contraddizioni: questa è la nostra armonia. Su questa armonia si fonda la composizione: un rapporto di colori e linee indipendenti, che nascono dalla necessità interiore e vivono nella totalità  del quadro.”

C’est magnifique.

Di Eveline

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