In tempo di crisi la donna non rinuncia allo shopping, “uno dei piaceri della vita” e si rifugia nelle marche. È quanto emerge da una ricerca realizzata dal settimanale Donna Moderna e da Contromarca, in collaborazione con l’istituto GpF, presentata a Milano.
Guardare le vetrine, fare acquisti con le amiche resta una delle attività preferite, senza rinunciare al rapporto tra prezzo e qualità. Farsi largo nella “giungla” di sconti, offerte e prezzi speciali è un’attività tutta femminile, ma le intervistate, un campione di duemila donne, non rinunciano alla propria marca del cuore. Nace il fenomeno che gli americani definiscono «low cost high value», la qualità a basso costo, e che qualcuno definisce «caccia all’affare». Vuol dire che oggi si può essere trendy spendendo poco. Le donne hanno subito afferrato il concetto, e per loro, specie di questi tempi, il lusso a basso costo è diventato un vero must. Zara ed H&M in testa,
ma anche altre catene straniere come Mango, e poi le italiane Tezenis, Oviesse e Upim, che dopo un cambiamento di immagine e di idee sono diventate altrettanto allettanti: sono questi i nuovi templi dello shopping.
E a Milano, come in altre città italiane, è un vero boom del «low cost» di qualità. Solo il negozio Zara di corso Vittorio Emanuele, la catena spagnola che ha rivoluzionato il concetto di moda, ha un volume d’affari annuo di 50 milioni, superando di poco la boutique Gucci di via Montenapo. Mentre per il negozio «storico» di H&M in Vittorio Emanuele si parla di 17 milioni l’anno. Non male se si conta che il mercato italiano della cosiddetta «fast fashion» è in continua crescita, legato alla crisi dei modelli di consumo tradizionali e all’esigenza dei consumatori di risparmiare senza rinunciare alla qualità».
Il lusso diventa allora accessibile a chiunque, ma è anche un
gioco, perché «oggi il consumatore è più consapevole: il total look è fuori moda, e agli italiani piace contaminare gli stili.
Il concetto di «low cost», è stato sdoganato. Allora ecco che chi può, accosta capi firmati e pezzi da grande magazzino, da vero «radical chic», e chi non può, ricorre alla «fast fashion» senza rinunciare ad essere trendy. È il terzo modello di evoluzione della moda, dopo l’alta moda e il prêt-à-porter. Un modello che ci rende più liberi rispetto allo stilista e più attenti a personalizzare il look».
Il «prontomoda» si è adeguato agli umori del consumatore. Le tendenze sono veloci, messe sul mercato in tempi da record, con un ciclo produttivo di poche settimane, mentre le proposte delle griffe escono ogni sei mesi. Se poi si aggiunge il fattore emozionale, il gioco è fatto. E se le vetrine di Zara vendono uno stile di vita, come quelle dei marchi più importanti, H&M da cinque anni fa il tutto esaurito con una collezione disegnata da un grande stilista.
«La donna è sempre stata un punto di riferimento per l’industria di marca» spiega Luigi Bordoni, presidente di Centromarca. «Qualsiasi ricerca possa contribuire a “leggere” in modo migliore le nuove esigenze dell’universo femminile è insieme una sfida e un’opportunità».